Il trattamento contabile e fiscale dei servizi bancari e finanziari esteri

I costi per servizi bancari e finanziari forniti da un operatore estero (come ad esempio PayPal, Amazon Pay, SumUp, Satispay, Braintree, Stripe, 2Checkout, e tanti altri) in favore di un soggetto passivo italiano sono soggetti a obbligo di autofatturazione in capo al committente italiano, registrazione con reverse charge e successivo inserimento in Esteromentro periodico. Se vuole evitare l’Esterometro, l’azienda italiana può, in alternativa all’emissione cartacea del documento, emettere autofattura elettronica e trasmetterla tramite il sistema di interscambio sdi.

I servizi bancari e finanziari

Le prestazioni di servizi effettuate da un istituto bancario o finanziario per operazioni di tipo propriamente bancario o finanziario, come per esempio le commissioni relative alla tenuta di un conto corrente o le commissioni su pagamenti e giroconti sono, in base all’articolo 10 comma 1 numero 1 del DPR633/72, qualificate come operazioni esenti dall’Imposta sul Valore Aggiunto.

La qualificazione di questi servizi come esenti, vale a prescindere dalla località di residenza dell’operatore bancario o finanziario, ma il loro trattamento in capo al soggetto italiano che li utilizza è decisamente influenzato dalla territorialità.

Se questo tipo di servizi, quando forniti da un operatore italiano, non hanno alcun tipo di rilevanza tecnica, risultando sufficiente rilevare il costo in prima nota e qualificarlo per natura, lo stesso non si può dire per il caso in cui il fornitore è estero.

I servizi bancari e finanziari esteri

Nel 2020 i servizi di pagamento diversi dal contante sono sempre più una realtà concreta, per aziende di tutte le dimensioni: sono utilizzati principalmente gateway di pagamento per le transazioni attraverso internet e i pos (fisici e virtuali) per i pagamenti con carte di debito e di credito.

Nel contesto di un mercato finanziario molto competitivo come quello europeo, si rintraccia sempre più spesso il caso che questi servizi vengano erogati da operatori bancari e finanziari non italiani: tra i più famosi possiamo ricordare, a titolo di esempio, PayPal, Amazon Pay, SumUp, Satispay, Braintree, Stripe, 2Checkout, e tanti altri.

Queste tipologie di servizi, anche quando effettuati da un operatore estero, comunitario o no, come precedentemente illustrato, sono da considerare come servizi esenti ai fini IVA. Tuttavia, se il trattamento contabile e fiscale di quelli forniti dagli istituti italiani, è piuttosto veloce, lo stesso non può dirsi per il caso in cui l’operatore non sia stabilito in Italia.

Infatti, in base all’articolo 17 comma 2 del DPR 633/72, gli obblighi relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato da soggetti non residenti nei confronti di soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato […] sono adempiuti dai cessionari o committenti”. Inoltre lo stesso DPR 633/72, all’articolo 25 comma 1, dispone che “il contribuente deve numerare in ordine progressivo le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del secondo comma dell’articolo 17 e deve annotarle in apposito registro anteriormente alla liquidazione periodica, ovvero alla dichiarazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta. Quindi, la normativa, in caso di fornitore estero, si complica un poco. Vedremo nel seguito come gestire concretamente il caso.

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Sul tema è intervenuta anche l’Agenzia delle Entrate in occasione della Circolare n.12/E del 12 marzo 2010, dove rispondendo ad un quesito ci fornisce delle utili informazioni operative: Nel caso in cui un’operazione rilevante ai fini IVA in Italia sia effettuata da un soggetto passivo non stabilito nel territorio dello Stato nei confronti di un soggetto passivo ivi stabilito, tutti gli adempimenti relativi all’applicazione dell’imposta gravano sul cessionario, il quale dovrà procedere all’assolvimento dell’IVA secondo il meccanismo del c.d. reverse charge. Quindi, nell’ipotesi di operazioni non imponibili o esenti, effettuate in Italia da soggetti non residenti nei confronti di cessionari o committenti nazionali, questi ultimi provvedono all’autofatturazione indicando in fattura, anziché l’IVA dovuta, gli estremi normativi in base ai quali l’operazione risulta non imponibile o esente. Il suddetto documento deve essere annotato nel registro delle fatture emesse e in quello delle fatture di acquisto (articoli 23 e 25 del DPR n. 633 del 1972), ma non deve essere riportato nel quadro VJ della dichiarazione annuale, trattandosi di fattura senza esposizione di IVA.”.

 

Come fare concretamente

Definito il quadro normativo e interpretativo, sarà utile illustrare come gestire concretamente, da un punto di vista fiscale e contabile, questi costi per servizi.

Il primo passo è l’emissione, con cadenza mensile, di una autofattura per ogni fornitore estero di questa tipologia di servizi, indicando nella causale:

che l’autofattura è emessa per operazione esente ai fini IVA in base all’articolo 10 comma 1 DPR 633/72, effettuata da soggetto non residente nei confronti di soggetto passivo italiano;

i dati del fornitore estero;

il periodo di riferimento delle commissioni esenti.

Questa autofattura, da emettere fisicamente in modalità cartacea o digitale, dovrà essere registrata in contabilità come acquisto ma con il meccanismo del reverse charge, secondo le tempistiche stabilite dalla normativa ordinaria, e ad essa dovrà essere allegato l’estratto conto o altro documento del fornitore comprovante il costo.

Se tale fattura sarà emessa in modalità cartacea, dovrà essere inclusa nell’Esteromentro del periodo relativo (con cadenza trimestrale dal 2020, mensile nel 2019).

Se emessa con modalità elettronica, facendo transitare l’autofattura attraverso il sistema di interscambio sdi, non sarà necessario compilare e trasmettere l’Esterometro.

Nel 2019 veniva correttamente, in base alle informazioni fornite fino a quel momento dall’Agenzia delle Entrate, esclusa la possibilità di emettere questo tipo di autofatture con modalità elettronica in luogo dell’Esterometro. È solo con la Circolare n.14/E del 17 giugno 2019 che l’Agenzia delle Entrate chiarisce l’alternatività della scelta, ma puntualizzando la non obbligatorietà della trasmissione via sdi delle autofatture per prestazioni rese da soggetti extra UE, per le quali vale l’adempimento di cui all’articolo 1, comma 3-bis, del d.lgs. n. 127 del 2015 salvo scelta per la fatturazione elettronica via sdi”.

Da ricordare che, come precisato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare di cui sopra, trattandosi di operazione senza esposizione dell’IVA, l’autofattura non dovrà essere inserita nel quadro VJ della Dichiarazione IVA annuale, deputato a raccogliere i dati delle operazioni di acquisto soggette a reverse charge.

Infine, in quanto autofattura per servizi esenti (e non integrazione di fattura UE senza applicazione dell’IVA in quanto acquisto comunitario) il documento non dovrà essere inserito nel Modello Intrastat.

Il caso della Fattura UE

Quanto fin qui esposto, considera il caso più comune che i costi per servizi bancari e finanziari esteri esenti, come avviene in Italia nella generalità dei casi, siano esposti dal fornitore estero su documenti contabili diversi da una Fattura, come può essere un estratto conto banco bancario, un prospetto riepilogativo, o altro documento di similare.
Tuttavia può accadere, seppur raramente, che il committente estero emetta un documento qualificabile come Fattura, in questo caso specifico:
– se il fornitore è un operatore extra UE, la particolarità della fattispecie non avrà implicazioni sulla procedura fin qui esposta;
– se il fornitore è un operatore UE, come precisato dall’Agenzia delle Entrate in risposta all’interpello n.91 del giorno 11.03.2020: “il contribuente deve adempiere agli obblighi IVA di fatturazione e registrazione con il meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge), che in questo caso – essendo il prestatore stabilito in altro Stato UE – avviene integrando la fattura ricevuta […] con il regime di esenzione IVA di cui all’articolo 10, comma 1 n.1 del Decreto IVA, a cui seguiranno la registrazione del documento nei registri acquisti e vendite e i relativi obblighi di versamento”.

Problematica consequenziale, è se questa Fattura UE dovrà essere o meno inserita nel Modello Intrastat: l’indicazione principale a riguardo arriva dall’articolo 5 comma 4 del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 22.02.2010 in base al quale “gli elenchi riepilogativi delle prestazioni di servizi […] non comprendono le operazioni per le quali non è dovuta l’imposta nello Stato membro in cui è stabilito il committente”.

Di conseguenza starà alla cura e alla prudenza del contribuente verificare il regime IVA applicabile nel paese del prestatore UE o in alternativa inserire la suddetta fattura nel Modello Intra, a meno che sullo stesso documento contabile non sia chiaramente indicato che nel paese di origine questa tipologia di servizi siano qualificabili come esenti.

Si segnala che, dal giorno 1 gennaio 2021, per effetto della cosiddetta Brexit, le eventuali fatture ricevute da un operatore con sede nel Regno Unito dovranno essere trattate come documenti extra UE, quali in effetti sono; le medesime considerazioni valgono per il caso in cui il fornitore sia sito in Irlanda del nord, essendo, quella in esame, una fornitura di servizi (per un approfondimento sul tema si rimanda all'articolo Regole IVA dal 2021 per l’Irlanda del Nord post brexit).

Fac-simile autofattura per servizi esteri

Per le modalità di emissione autofattura sui servizi esteri leggi:

Fac-simile Autofattura per servizi bancari e finanziari esteri