Mercato finanziario 2017-2018: Consob fa il punto sull’Italia

La Consob nell’incontro annuale con il mercato finanziario durante il discorso del Presidente Mario Nava ha illustrato il programma per rilanciare il mercato. Il punto focale è favorire il passaggio della ricchezza dal debito, nei confronti di istituti finanziari, al capitale proprio (equity), allargandone la partecipazione.

Le linee di azione della Consob sono almeno sei:

  1.  il sostegno all’accesso al mercato;
  2.  la qualità delle imprese sul mercato (l’informazione non finanziaria);
  3.  la tutela del risparmio e degli investitori;
  4.  l’educazione finanziaria;
  5.  il potenziamento dell’Arbitro per le controversie finanziarie;
  6.  il rilancio della Consob nei fora internazionali.

 

Il mercato finanziario italiano

In generale, il mercato azionario italiano è piccolo non solo in termini di capitalizzazione ma anche rispetto al numero di società quotate. A fine 2017, il numero delle società domestiche quotate sul Mercato Telematico Azionario (MTA) di Borsa Italiana era pari a 240, nettamente inferiore a quello di altri mercati europei. La contrazione del listino che ha interessato tutte le maggiori piazze europee, per effetto della crisi, di delisting fisiologici o della migrazione su altre piattaforme, in Italia si è innestata su un mercato strutturalmente debole.

Tuttavia, un’evoluzione incoraggiante è stata registrata sull’AIM (mercato delle piccole e medie imprese), per effetto anche della domanda generata nel 2017 dai Piani individuali di risparmio (PIR), con un numero di società che ad oggi raggiunge i 105 emittenti e con una capitalizzazione complessiva che è quasi raddoppiata rispetto allo scorso anno. Questa crescita non compensa però il trend negativo registrato sull’MTA; dal 2009 al 1° giugno 2018, infatti, il FTSE MIB (indice per le grandi imprese) è calato di circa il 5%, un dato non comparabile con la crescita dei più importanti indici europei.

ll nostro mercato si caratterizza anche per l’esigua presenza delle big companies: un mercato con poche big companies risulta meno attraente sia per le società di grandi dimensioni sia per i grandi investitori istituzionali. Una piazza finanziaria in cui molte e grandi imprese sono quotate è invece desiderabile perché favorisce lo sviluppo di un ‘ecosistema’ di servizi finanziari avanzati, a beneficio anche delle imprese di minori dimensioni.

L’Italia soffre il confronto con altre economie: le società del Mercato Telematico Azionario che vantano una capitalizzazione superiore, per esempio, alla soglia dei 50 miliardi di euro sono, infatti, solo due. Tante quante in Spagna, la metà che in Olanda e una frazione di quelle di Francia e Regno Unito.

Se guardiamo invece alle piccole e medie imprese (PMI), sappiamo che esse in Italia creano valore aggiunto e offrono occupazione con percentuali ben superiori a quelle dei principali Paesi dell’area euro. Tutto ciò è un bene per l’economia reale ma ha poca incidenza sui mercati azionari, viste le ridotte dimensioni delle aziende. In Italia, come nei maggiori Paesi europei, i mercati di Borsa non sono ancora rappresentativi di una grande percentuale del sistema produttivo, rimane quindi marginale il peso della capitalizzazione delle piccole e medie imprese (PMI) quotate rispetto a quella complessiva di mercato.

Marcato finanziario italiano: come è cambiato negli ultimi anni

La struttura finanziaria delle piccole e medie imprese (PMI) vede le nostre imprese storicamente caratterizzate da una leva finanziaria più elevata di quella dei principali Paesi europei. Nonostante il miglioramento registrato negli ultimi anni, resta auspicabile un passaggio dal debito verso terzi all’equity. Un maggior grado di patrimonializzazione aumenterebbe la capacità delle imprese di ottenere finanziamenti sul mercato e quindi risulterebbero meno vulnerabili a crisi e restrizioni del sistema bancario. Sostanzialmente, il passaggio dal debito all’equity per le imprese è contestuale al passaggio dal finanziamento bancario al finanziamento di mercato.

Rispetto al contesto europeo, in cui le emissioni obbligazionarie di emittenti non finanziari sono storicamente sovradimensionate rispetto a quelle del settore finanziario, nel contesto italiano il rapporto è completamente rovesciato. Negli ultimi tre anni, grazie ad un contesto civilistico e fiscale di favore, anche in Italia è cresciuto il ricorso, da parte delle piccole e medie imprese (PMI) non quotate, ai mini-bond accessibili agli investitori professionali; il tutto è stato ulteriormente favorito dalla tecnofinanza, in particolare dall’ implementazione di piattaforme di equity crowdfunding e peer to peer (P2P) lending che hanno ridotto costi e barriere di accesso alla raccolta di capitali. Tuttavia, come ammette Consob, la strada da percorrere è ancora lunga.

Le linee guida di Consob per il mercato finanziario

 La Consob, prima Autorità in Europa e tra le prime nel mondo, ha disciplinato il fenomeno con un regolamento, che ha poi semplificato dopo aver consultato gli operatori di mercato.
Il punto di partenza si focalizza sulle attitudini, le conoscenze e i comportamenti dal lato degli investitori. In merito alle conoscenze finanziarie è sicuramente interessante quanto rilevato, ovvero che il livello è ancora basso; si parte da nozioni di base come inflazione (53%), relazione rischio-rendimento (52%) e diversificazione di portafoglio (33%), e ancora più bassa è la familiarità con le varie dimensioni di rischio finanziario. Inoltre è stato verificato che la maggior parte degli italiani non ha un piano finanziario, non legge informativa finanziaria e quasi il 40% investe senza comprendere.

La Consob ha quindi realizzato un piano con delle linee di azione atte a rilanciare la piazza finanziaria italiana:

  •  dal lato dell’offerta, aumentando la quantità delle società quotate e la loro appetibilità,
  •  dal lato della domanda, inserendo le tutele per il risparmio e gli investitori in una visione integrata e facendo educazione finanziaria mirata e studiata sui destinatari.

Per quanto riguarda il primo punto, si è già lavorato sull’accesso al mercato delle imprese e sulla rimozione degli ostacoli alla loro quotazione ma restano tuttavia dei nodi ancora critici. Il presidente Nava esplicita la riluttanza delle imprese a quotarsi e attribuisce le possibili cause a fattori culturali, quali la scarsa conoscenza dei vantaggi legati alla quotazione e la paura di perdere il controllo della società. La contromisura sta nel rendere le aziende consapevoli dei benefici in termini di opportunità di crescita, reputazione e visibilità. Inoltre Consob si è già attivata, in collaborazione con Unioncamere, per la formazione delle PMI e si sta attivando, in ambito internazionale, mediante la partecipazione a un progetto OCSE.

Particolare è il discorso fatto sulla migrazione dell’attenzione degli investitori istituzionali a tutti quei fattori, non più prettamente finanziari, che coinvolgono gli stakeholders e di conseguenza ai diversi scenari su cui puntare per poterne attrarre sempre in maggior numero. Da quest’anno, ad esempio, è richiesta alle imprese la dichiarazione non finanziaria, che permette alle stesse di conoscersi meglio e concorre a migliorare la mappatura dei propri rischi, aumentando dall’altra parte la reputazione e la fiducia.

La fiducia è il tema centrale per il rilancio della piazza finanziaria italiana dal lato degli investitori che vi partecipano garantendo l’afflusso di risorse. “Non c’è partecipazione senza fiducia” ed il modo per alimentarla passa attraverso un sistema di tutele che integri la conoscenza di ogni singolo soggetto interessato con l’assistenza di intermediari qualificati e leali. Ovviamente, deve essere ben chiaro che non è possibile eliminare il rischio, concetto essenziale per il rendimento stesso, ma è necessario che non vi siano rischi occultati.

Dall’ altra parte è necessario che l’investitore sia sufficientemente istruito ed ecco che trovano collocazione iniziative come la prima Settimana Mondiale dell’Investitore (World Investor Week, WIW) tenutasi nell’ottobre scorso, durante la quale la Consob ha raggiunto studenti e adulti con oltre 90 eventi su tutto il territorio italiano. L’iniziativa verrà ripetuta quest’anno e consoliderà la collaborazione di numerosi soggetti pubblici e privati che hanno contribuito alla scorsa edizione.

Secondo il presidente Nava “l’alfabetizzazione finanziaria dei cittadini italiani è una sfida che darà i suoi frutti nel medio lungo termine e che richiede l’impegno costruttivo di tutte le parti coinvolte”. Con questo fine, la Consob ha già avviato una collaborazione con Unioncamere, scuole e associazioni dei consumatori, raggiungendo PMI, studenti, investitori e le fasce più vulnerabili della popolazione.

Punto di riferimento fornito e rivolto al pubblico è dato dal portale Consob di educazione finanziaria, che nel 2017 ha registrato circa un milione di accessi e rappresenta un utile strumento per reperire materiali didattici. Inoltre è stato reso disponibile online un gioco di simulazione dell’investimento, sviluppato in collaborazione con l’Università di Trento; rappresenta un modo efficace e innovativo per coinvolgere i risparmiatori, soprattutto i più giovani, incuriosirli e indurli all’apprendimento.

Si ricorda infine, tra le iniziative di successo, l’istituzione, dal 9 gennaio 2017 dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF), che ha ottenuto risultati positivi poiché su un volume di 2.542 ricorsi (circa 700 nei primi 5 mesi del 2018), sono state assunte 625 decisioni (più della metà nel 2018), di cui oltre il 60% in favore del ricorrente. Il presidente Nava spiega come, lo step precedente rispetto al ricorso all’ Arbitro, sia quello di prevenire condotte scorrette dovute ad ambiguità delle norme e riservare le sanzioni solo a comportamenti intenzionalmente scorretti; è necessario evitare un atteggiamento eccessivamente punitivo che potrebbe involontariamente alimentare fenomeni di selezione avversa tra i partecipanti al mercato.