Rubrica del lavoro

Salario minimo: approvata la legge delega con modifiche radicali

Il testo della proposta di legge sul salario minimo  firmato da PD e M5S aveva  iniziato lo scorso 11 luglio 2023  l'iter dell' esame parlamentare in Commissione alla Camera in abbinamento ad altre proposte.  

Sul tema il dibattito è stato molto ampio   con posizioni  favorevoli e contrarie abbastanza trasversali tra maggioranza, opposizioni e parti sociali (sindacati, e associazioni dei datori di lavoro). 

La Camera a dicembre 2024  ha  votato a maggioranza, con 153 sì, 3 astenuti e 118 no,  in una seduta di confronto aspro, un testo radicalmente modificato con gli emendamenti di maggioranza che svuotano  la proposta iniziale e affidano  due deleghe al governo in materia di “retribuzione dei lavoratori e di contrattazione collettiva nonché di procedure di controllo e informazione”, con 6 mesi di tempo per l'attuazione dopo l'approvazione definitiva 

Il disegno di legge è stato approvato il 23 settembre 2025  definitivamente e si attende la pubblicazione in Gazzetta, dopodiché scatteranno i 6 mesi di tempo per l’esercizio delle due deleghe. Qui il testo definitivo DDL 957 2025

Si ricorda che altre proposte di legge (Qui il testo 2019) erano state presentate negli anni scorsi ma si sono sempre arenate in Parlamento, da ultimo per la caduta del Governo Draghi.

Vediamo nei paragrafi seguenti in sintesi, le principali previsioni della proposta di legge iniziale,  le osservazioni della Fondazione studi  del Consiglio nazionale CDL

Proposta di legge sul salario minimo 2023

La proposta a firma Conte, Fratoianni, Richetti ecc. definisce  per tutti i rapporti di lavoro  il diritto a un   trattamento economico di  retribuzione proporzionata e sufficiente, che  non sia inferiore al trattamento previsto dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative, valido sia 

  • per i lavoratori subordinati, che 
  • per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato che presentino analoghe necessità di tutela .

Nel contempo introduce  anche una soglia minima salariale inderogabile, pari a 9 euro all’ora.

La soglia si applicherebbe soltanto alle clausole relative ai cosiddetti « minimi », lasciando al contratto collettivo la regolazione delle altre voci  retributive.

 Garantisce inoltre  l’ultrattività dei contratti  scaduti o disdettati;  conformemente a quanto previsto anche nella Direttiva (UE) 2022/2041, che è stata  approvata definitivamente nell'ottobre scorso (Qui il testo)

La proposta di legge istituisce una commissione tripartita, composta dalle parti sociali comparativamente più rappresentative, cui spetta il compito dell’aggiornamento periodico del trattamento economico minimo  orario.

Il salario minimo secondo la direttiva UE

L'approfondimento dei Consulenti  del 12 luglio 2023 richiama la  recente direttiva UE  sottolineando il fatto che  la stessa NON indica un valore minimo di salario applicabile a tutti i lavoratori né tantomeno obbliga gli Stati membri a definire una legge sul salario minimo legale, ma privilegia il  criterio della contrattazione.

 La Direttiva specifica infatti che "Qualora uno Stato sia al di sotto della quota del 80% dei lavoratori coperti da

contrattazione collettiva, questo dovrà definire un piano di azione per promuovere la contrattazione o per arrivare alla definizione di un salario minimo. "

I consulenti del lavoro osservano quindi  come   l’Italia presenti un tasso di copertura contrattuale superiore al livello

minimo previsto dalla direttiva e che guardando ai CCNL maggiormente rappresentativi, in molti casi questi prevedono soglie minime retributive inferiori ai 9 euro, valore indicato dalle principali proposte di legge di introduzione di un salario minimo legale. 

La Fondazione Studi Consulenti del lavoro  elenca i risultati di uno studio in cui ha analizzato 63 contratti collettivi, individuati tra i più rappresentativi, indicando per ciascuno il minimo retributivo previsto per il livello di inquadramento più basso e a questo sono stati sommati i ratei di mensilità aggiuntiva (13a mensilità ed eventuale 14a  ) nonché la quota di trattamento di fine  rapporto (retribuzione differita).

Lo studio evidenzia che: 

  •  39 CCNL presentano livelli minimi retributivi superiori ai 9 euro, 
  • 22 sono al di sotto di tale soglia. 

Questi ultimi, nella gran parte dei casi, hanno  livelli che oscillano tra gli 8 e gli 8,9 euro (18 CCNL). Solo 4 prevedono livelli minimi  retributivi al di sotto degli 8 euro.

Ricorda infine che l’Istat nella recente audizione in Parlamento  dell’11 luglio 2023 ha  stimato in 3 milioni i lavoratori con retribuzioni minime inferiori ai 9 euro. 

Lo stesso istituto di statistica ha  evidenziato però, nell'analizzare le cause del cosiddetto "lavoro povero" che  la retribuzione annuale di un individuo è una  combinazione di fattori differenti,  che comprendono oltre alla  retribuzione oraria, l’intensità mensile dell’occupazione e la durata del contratto nell’anno  (ovvero il numero di mesi con almeno un giorno di copertura contrattuale).

Tutti questi fattori agiscono nel determinare le disuguaglianze retributive per effetto della loro variabilità interna e per il diverso modo di combinarsi a seconda della natura della  posizione lavorativa.

L’analisi svolta dall’Istat evidenzia come a determinare la condizione di dipendente a bassa retribuzione siano soprattutto gli effetti legati a 

  •  ridotta durata dei contratti di  lavoro e 
  •  numero contenuto di ore lavorabili, 

oltre a quelli – pur rilevanti – legati a un  basso livello di retribuzione oraria. 

Salario minimo: le controindicazioni secondo i CDL

In questo quadro  la Fondazione afferma quindi  che l'introduzione di un salario minimo :

  1. – priverebbe la contrattazione collettiva di quel ruolo di interprete e garante delle esigenze dei lavoratori rispetto ai diversi settori di appartenenza,
  2. – risulterebbe essere troppo semplicistica e limitativa rispetto all’effettiva tutela del  trattamento globale, economico e normativo dei lavoratori, che è ben al di sopra  della retribuzione minima tabellare.
  3. – sarebbe comunque  limitante in quanto non riguarda  anche quella componente di  lavoratori – i collaboratori domestici – che oggi più faticano a raggiungere una  retribuzione dignitosa, anche alla luce della rilevanza sociale del lavoro che  svolgono. 
  4.  – determinerebbe un innalzamento del costo del lavoro a carico delle aziende  su tutti i livelli retributivi più elevati del minimo;
  5. – rischierebbe di determinare un effetto  negativo  in quei settori/realtà  aziendali non in grado di assorbire l’incremento retributivo previsto (vedi il caso delle cooperative).

DDL delega su retribuzione e contrattazione collettiva

Riportiamo la sintesi dei principali interventi dopo l' approvazione del Senato:

il Rel. Sen. Zaffini (FDI) il quale ha svolto le seguenti osservazioni:

Il disegno di legge Atto Senato 957, trasmesso dalla Camera dei deputati, reca due discipline di delega al Governo in materia di retribuzioni e di contrattazione collettiva. A seconda di tali deleghe, l'articolo 2 concerne specificatamente, nell'ambito delle suddette materie, il perfezionamento della disciplina dei controlli e lo sviluppo di procedure di informazioni pubbliche e trasparenti. Nell'ambito delle due deleghe sono esclusi all'articolo 4 i lavoratori dipendenti delle amministrazioni pubbliche e i contratti collettivi ad essi applicabili.

Riguardo alla delega dell'articolo 1, i principi e i criteri generali ivi posti sono la definizione per ciascuna categoria di lavoratori dei contratti collettivi nazionali di lavoro maggiormente applicati, con riferimento al numero delle imprese e dei dipendenti e richiama l'articolo 36 della Costituzione, il quale, nel primo comma, afferma che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.

Il successivo articolo 39 della Costituzione ha previsto la possibilità – mai attuata – della registrazione delle organizzazioni sindacali e della stipulazione mediante rappresentanza unitaria, in proporzione agli iscritti, delle organizzazioni registrate di contratti collettivi nazionali di lavoro, con efficacia obbligatoria per gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

All'articolo 2, i relativi principi e criteri direttivi sono: 

  • la razionalizzazione delle modalità di comunicazione tra le imprese e gli enti pubblici in materia di retribuzioni e l'applicazione della contrattazione collettiva, con la definizione di strumenti che rendano effettiva, certa ed efficace l'applicazione della contrattazione collettiva a livello nazionale; 
  • il perfezionamento, anche con la previsione del ricorso a strumenti tecnologici evoluti, e la realizzazione di banche dati condivisa delle disposizioni in materia di ispezioni e controlli, in modo da aumentare l'efficacia materiale delle azioni di contrasto del lavoro sommerso o irregolare;
  •  l'introduzione di forme di rendicontazione pubblica e di monitoraggio sulla base semestrale aventi ad oggetto l'andamento delle misure di contrasto dei fenomeni distorsivi del mercato del lavoro;
  •  la previsione che le suddette forme di rendicontazione di cui alla lettera c) si avvalgano delle risultanze dell'attività ispettiva dell'Ispettorato nazionale del lavoro e dei suoi organi territoriali, nonché di tutte le risultanze acquisite da parte dei soggetti deputati alla verifica e alla correttezza delle retribuzioni e della contrattazione collettiva.

Si è svolta quindi la discussione generale nel corso della quale sono intervenuti i seguenti senatori:

  • Il Sen. Mazzella (M5S), il quale ha accusato l’Esecutivo di aver solo modificato il reddito di cittadinanza restringendone la platea, senza abolirlo, colpendo così i più fragili. Ha citato dati Istat secondo cui nel 2024 il 23,1% della popolazione era a rischio di povertà o esclusione sociale, evidenziando come il problema dei bassi salari sia strutturale. Ha sottolineato che i redditi da lavoro spesso non eliminano il rischio di povertà, soprattutto per donne, giovani e stranieri. Ha ribadito la necessità di introdurre un salario minimo legale di 9 euro l’ora, ricordando che 4 milioni di lavoratori percepiscono paghe da fame. Ha evidenziato che 22 Paesi UE su 27 hanno già un salario minimo, mentre quelli senza presentano comunque stipendi medi molto più alti.
  • Il Sen. Misiani (PD), il quale ha denunciato che la maggioranza ha svuotato la proposta originaria sul salario minimo, cancellando l’iniziativa unitaria delle opposizioni costruita con il contributo di sindacati, categorie ed esperti (…)
  • Il Sen. Russo (FDI) ha difeso la legge delega sul lavoro, sostenendo che il provvedimento affronta in modo organico e realistico il tema del lavoro povero. Ha sottolineato che l’obiettivo era creare lavoro e sviluppo valorizzando la contrattazione collettiva, potenziando vigilanza e applicazione dei contratti, regolando subappalti e nuove forme di lavoro. Ha ribadito che salari giusti favoriscono coesione sociale e crescita economica, e che la delega fornisce strumenti di prevenzione, monitoraggio e adeguamento retributivo. Ha concluso che la legge rappresenta un impegno politico per la dignità del lavoro e la competitività del sistema produttivo, basato sulla libertà d’impresa e sul rifiuto di logiche assistenzialistiche.

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