Contratto collaborazione e evasione contributiva

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 13 marzo 2017, n. 6405, ha stabilito che l’imprenditore che stipula dei contratti di collaborazione a progetto privi dei requisiti previsti dalla legge, celando così un rapporto di lavoro subordinato e con l’intento di risparmiare sulla posizione previdenziali dei suoi collaboratori, commette non solo un omissione ma una vera e propria evasione contributiva.

 Il caso era quello di  tre lavoratori assunti con contratti a progetto ma in realtà subordinati, come accertato dai giudici di merito , in quanto i progetti non possedevano  "alcuna delimitazione funzionale rispetto all'attività aziendale e i progetti individuali erano, in realtà, privi del necessario requisito di specificità".

Il  datore di lavoro ricorreva in Cassazione asserendo che "erroneamente la Corte ha ritenuto che i contratti di lavoro a progetto fossero stati preordinati per pagare minori premi e contributi, in mancanza di un  accertamenti "  posti in essere dagli organi vigilanti, e a fronte della richiesta di iscrizione dei tre lavoratori nella gestione separata, dei versamenti dei relativi contributi e della compilazione da parte di essa ricorrente delle buste paga e dei Cud per i redditi corrisposti.

La Suprema Corte  ha rigettato il ricorso affermando che  l'istituto non puo essere tenuto ad "un'incessante attività ispettiva, laddove il sistema postula, anche nel suo aspetto contributivo, per la sua funzionalità, una collaborazione spontanea tra i soggetti interessati" . Inoltre risulta irrilevante  la difesa  basata sul fatto che  i lavoratori erano stati regolarmente denunciati come lavoratori a progetto e che vi erano stati i relativi versamenti contributivi .  Anzi, continua la Corte,  " l'aver qualificato un rapporto di lavoro come  lavoro a progetto, mentre in realtà si trattava di un rapporto di lavoro subordinato, fa presumere l'esistenza di una specifica volontà datoriale di sottrarsi al versamento dei contributi dovuti.

La Cassazione ha quindi dato ragione all'Inps  enunciando il seguente principio di diritto  "In tema di obbligazioni contributive nei confronti delle gestioni previdenziali ed assistenziali, l'accertamento dell'esistenza tra le parti di un contratto di lavoro subordinato in luogo di un lavoro a progetto per la mancanza di uno specifico progetto, benché regolarmente denunciato e registrato, concretizza l'ipotesi di "evasione contributiva" di cui all'art. 116, comma 8, lett. b), della legge n. 388 del 2000 e non la meno grave fattispecie di "omissione contributiva" di cui alla lettera a) della medesima norma, dovendosi ritenere che la stipulazione di un contratto di lavoro a progetto privo dei requisiti prescritti dalla legge implichi occultamento dei rapporti o delle retribuzioni o di entrambi e fa presumere l'esistenza della volontà datoriale di realizzare tale occultamento allo specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti; conseguentemente, grava sul datore di lavoro inadempiente l'onere di provare la mancanza dell'intento fraudolento e, quindi, la sua buona fede (..) in tale contesto spetta al giudice del merito accertare la sussistenza, ove dedotte, di circostanze fattuali atte a vincere la suddetta presunzione, con valutazione intangibile in sede di legittimità ove congruamente motivata"

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