Depositi Iva, vale il meccanismo del reverse charge

Per evitare di corrispondere l’imposta in dogana all’atto dell’importazione, l’introduzione effettiva delle merci nel deposito Iva continua a essere una condizione obbligatoria, tuttavia, la violazione di tale obbligo non autorizza il fisco a recuperare il tributo, se l’Iva è stata assolta mediante applicazione del meccanismo del reverse charge.
Questo l’orientamento illustrato dalla Cassazione in una serie di pronunce allineate ai precetti della Corte di giustizia Ue.

L’obbligo di introdurre fisicamente la merce importata negli speciali depositi disciplinati dall’articolo 50 bis, Dl 331/93, infatti, rappresenta solo un requisito formale, così come formale è la violazione costituita dall’assolvimento dell’imposta con emissione di autofattura e conseguente registrazione della stessa nei registri Iva delle vendite e degli acquisti, anziché mediante versamento diretto in dogana. In queste situazioni, secondo i giudici europei, ammettere che l’amministrazione finanziaria possa chiedere nuovamente il pagamento del tributo significherebbe privare il soggetto passivo del diritto alla detrazione, violando il principio di neutralità dell’imposta.

La violazione consistente nell’immissione solo virtuale della merce nel deposito Iva, non legittima quindi la riscossione dell’imposta se questa è stata assolta con autofattura (sentenza n. 16509/2016), infatti anche in caso di introduzione irregolare dei beni di provenienza extracomunitaria nel deposito IVA, il principio di neutralità esclude che l’Agenzia delle Dogane possa pretendere il pagamento dell’IVA all’importazione se l’imposta dovuta è stata assolta con il meccanismo di reverse charge.

L'inversione contabile difatti rappresenta utile modo di assolvimento dell'iva all'importazione/intracomunitaria: la Corte di giustizia, nella causa Equoland dinanzi richiamata, ha stabilito che "la sesta direttiva dev'essere interpretata nel senso che, conformemente al principio di neutralità dell'imposta sul valore aggiunto, essa osta ad una normativa nazionale in forza della quale uno Stato membro richiede il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione sebbene la medesima sia gia' stata regolarizzata nell’ambito del meccanismo dell'inversione contabile, mediante un'autofatturazione e una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite del soggetto passivo".

Secondo la Cassazione, in simili circostanze, “nessun vantaggio altrimenti non ottenibile” spetterebbe al contribuente, il quale, per effetto dell’applicazione dell’inversione contabile, può beneficiare del diritto alla detrazione esattamente come se avesse versato l’imposta in dogana (sentenza n. 16509/2016).

Gli orientamenti della Cassazione e della Corte di giustizia dell’Unione europea:

  • Cgue, sentenza del 17 luglio 2014, causa C-272/13
  • Cgue, sentenza del  5 maggio 1982, causa C-15/81 (Schul)
  • Cassazione, sentenza 16509/2016
  • Cassazione, sentenza 16109/2015
  • Cassazione, sentenza 16459/2016