Ispezioni sul lavoro: le mancate risposte sono reato “permanente”

La mancata risposta a richieste  dell'Ispettorato del lavoro  a seguito di accertamenti è reato  "permanente" con termini di prescrizione che  decorrono  dalla data della sentenza  di primo grado, non dal momento della commissione del reato stesso . Questo quanto afferma  la sentenza 43702/2019 della Corte di cassazione.

Il caso riguardava  la responsabilità  del legale rappresentante di  società di capitali, che aveva omesso   di  consegnare alla Direzione territoriale del lavoro di Macerata notizie e documenti che gli erano stati legalmente richiesti in data 6 settembre 2013; egli era stato, pertanto, condannato alla relativa pena pecuniaria prevista  dall'articolo 4 della legge 628/1961 . La  sentenza di primo grado aveva confermato che per il reato  la prescrizione sarebbe scattata a novembre 2019 mentre la difesa nel ricorso in Cassazione affermava che  il reato era già prescritto al 26 settembre 2018, a cinque anni dal termine per la consegna della documentazione richiesta, decorso inutilmente.

La Cassazione  rigetta il ricorso e  conferma l'interpretazione dei giudici di merito.

Nella sentenza si analizza  indettaglio la struttura del reato punito e i successivi  interventi giurisprudenziali,  spesso contrastanti tra loro .  Tale norma sanziona in particolare , con l'arresto fino a due mesi o ammenda fino a 516 euro, "l'inosservanza degli obblighi di informazione destinati a consentire  all'Ispettorato del lavoro le funzioni di vigilanza e controllo  che gli sono attribuite" .

Si prevede che in caso di una regolare richiesta di informazioni o documenti, da parte del soggetto competente, riguardante le materie richiamate dal testo di legge.  Per essere "regolare" la richiesta deve essere stata rivolta al datore di lavoro o al legale rappresentante personalmente,  o  anche notificata presso la sede dell'azienda. 

Il reato si  realizza in due forme:

  1. forma “commissiva”, quando il  destinatario della richiesta,  risponda con notizie o informazioni e  documentazione diverse da quelle  richieste, sia in forma
  2. “omissiva”  quando viene omessa la risposta la documentazione.

In questo secondo caso i giudici della Suprema corte hanno rilevato che tale fattispecie configura un reato permanente, che  si protrae fino a quando non intervenga il soddisfacimento della richiesta oppure  fino alla notificazione del decreto penale di condanna ovvero fino alla sentenza di primo grado.  E'  solo da quella data che scattano i termini per la prescrizione .

La sentenza ha escluso, quindi  che la permanenza del reato cessi  con la denuncia penale, inoltrata dall'ufficio all'autorità giudiziaria una volta trascorso il termine per l'adempimento della richiesta di informazioni, come pure affermato dalla Corte di cassazione,  n. 4687/2003).  Ciò in quanto l'atto di denuncia non raggiunge il soggetto  che ha omesso l'obbligo bensi solo l'autorità pubblica. 

 

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