Irrilevanza penale dell’elusione fiscale

Recentemente la Guardia di Finanza ha pubblicato un corposo manuale operativo, dedicato all'evasione e alle frodi fiscali, con indicazioni in vigore dal 1° gennaio 2018. Tra gli argomenti trattati  l'irrilevanza penale dell'elusione fiscale, affrontato anche in numerose occasioni dalla Suprema Corte di Cassazione. In questo approfondimento, un excursus tra le sentenze delle Cassazione e le indicazione della Guardia di Finanza.

L’introduzione dell’art. 10-bis nella Legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) ha sancito normativamente la non rilevanza penale delle operazioni rientranti nell’abuso del diritto o nell’elusione fiscale.

A questo particolare aspetto della revisione del sistema fiscale italiano, avvenuta del 2015, ha dedicato una puntuale analisi anche la Guardia di Finanza nella recente circolare n.1/2018, intitolata “Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali”.

 

I presupposti costitutivi dell’elusione fiscale e abuso del diritto

Come noto il D.Lgs. n. 128 del 05 agosto 2015 (“Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente”) ha introdotto nel nostro ordinamento un’apposita norma concernente la “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”, incardinando nella Legge n. 212/2000, ovverosia nello Statuto dei diritti del contribuente, l’art. 10-bis.
La necessità di giungere a tale codifica normativa è nata anche, se non soprattutto, dalle incertezze legate alla non chiara individuazione dei presupposti costitutivi dell’elusione/abuso del diritto.
Nella relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 128/2015 è stato evidenziato come ad esempio la Corte di Cassazione ha talvolta identificato la nozione di abuso nella sola assenza di valide ragioni economiche extrafiscali dell’operazione ed ha ritenuto tale assenza sufficiente a giustificare la ripresa a tassazione dei vantaggi fiscali invocati dal contribuente, senza porre il dovuto accento sul carattere indebito degli stessi.
Tale ricostruzione interpretativa ha pertanto indotto l’amministrazione finanziaria e i giudici a sottovalutare la libertà del contribuente di poter scegliere liberamente tra diverse opzioni disponibili in virtù del diverso carico fiscale, senza violare ovviamente alcuna norma tributaria.
Nel citato documento governativo è stato indicato, tra l’altro, che alla scarsa chiarezza relativa agli elementi costitutivi dell’elusione fiscale va aggiunta la circostanza che l’abuso del diritto è stato talvolta impropriamente utilizzato per identificare fattispecie che, invece, presentavano tutti i requisiti della frode, della simulazione e dell’interposizione. Fattispecie, quindi, che avrebbero dovuto essere perseguite con gli specifici strumenti, anche penali, già previsti dall’ordinamento tributario.
La necessità di dare maggiore certezza, sul piano normativo, all’elusione fiscale/abuso del diritto, evitando così che gli uffici dell’amministrazione finanziaria potessero esercitare i loro poteri di accertamento senza precise linee guida, ha portato il legislatore ad abrogare l’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 e ad introdurre nella L. n. 212/2000 l’art. 10-bis. 

L’introduzione dell’art. 10-bis nella Legge 27 luglio 2000 n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente) ha sancito normativamente la non rilevanza penale delle operazioni rientranti nell’abuso del diritto o nell’elusione fiscale.
A questo particolare aspetto della revisione del sistema fiscale italiano, avvenuta del 2015, ha dedicato una puntuale analisi anche la Guardia di Finanza nella recente circolare n.1/2018, intitolata “Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali”.

 

Elusione fiscale e abuso diritto: la Guardia di Finanza segue la giurisprudenza

La situazione sin qui descritta consente di comprendere, pertanto, la portata dell’art. 10-bis che, di fatto, è stata notevole. Basti pensare in primis all’unificazione della nozione di abuso del diritto con quella di elusione fiscale, nonché alla delimitazione sul piano normativo delle operazioni elusive o di abuso del diritto, ora definite dal legislatore come quelle operazioni “prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”. Il primo comma dell’art. 10-bis specifica inoltre che “tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”.
Tra le novità rilevabili nei diversi commi dell’art. 10-bis, l’elemento di maggior interesse è dato sicuramente dal contenuto del comma 13, che testualmente recita: “Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie”.
L’irrilevanza penale delle operazioni abusive o elusive è stata ripresa anche nel recente documento di prassi della Guardia di Finanza, la circolare n. 1/2018 (in vigore dal 1° gennaio 2018) intitolata “Manuale operativo in materia di contrasto all’evasione e alle frodi fiscali”.
Nella circolare de qua la non rilevanza sul piano penale dell’abuso del diritto o dell’elusione fiscale è stata trattata seguendo alcuni recenti arresti della giurisprudenza di legittimità ed in particolare le sentenze n. 41755 del 5 ottobre 2016 e n. 40272 del 7 ottobre 2015.
Nella sentenza n. 41755 gli Ermellini hanno rilevato che alla luce dell’entrata in vigore di quanto disposto dal nuovo art. 10-bis, comma 13 della L. n. 212/2000, viene meno la rilevanza penale delle condotte meramente elusive, in quanto non più ravvisabile il c.d. fumus commissi delicti.
La Suprema Corte ha qui specificato che “può definirsi elusiva, e pertanto, sulla base della disciplina sopravvenuta, penalmente irrilevante, solamente una operazione che, pur principalmente finalizzata al conseguimento di un vantaggio tributario, sia tuttavia caratterizzata da una effettiva e reale funzione economico sociale meritevole di tutela per l'ordinamento, tale non potendosi ritenere un'operazione che sia, viceversa, meramente simulata”.
Con riguardo, invece, al piano sanzionatorio applicabile alle condotte elusive, la Cassazione nella sentenza n. 40272/2015 ha ricordato che “la scelta adottata dal legislatore delegato è stata quella di escludere la rilevanza penale delle operazioni costituenti abuso del diritto, quali descritte dalla norma generale, facendo salva, per converso, l'applicabilità ad esse delle sanzioni amministrative, ove ne ricorrano in concreto i presupposti (v., in particolare l'inciso, contenuto nell'art. 10 bis, comma 13: "Resta ferma l'applicazione delle sanzioni amministrative tributarie"). Così operata la scelta, peraltro, rimane impregiudicata la possibilità di ravvisare illeciti penali – sempre, naturalmente, che ne sussistano i presupposti – nelle operazioni contrastanti con disposizioni specifiche che perseguano finalità antielusive (ad esempio, negando deduzioni o benefici fiscali, la cui indebita autoattribuzione da parte del contribuente potrebbe bene integrare taluno dei delitti in dichiarazione). Parimenti rimane salva la possibilità di ritenere, nei congrui casi, che – alla luce delle previsioni della normativa delegata e della possibile formulazione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (il cui testo è stato riformulato nello schema di decreto legislativo delegato, approvato dal Consiglio del Ministri del 22 settembre u.s.) – operazioni qualificate in precedenza dalla giurisprudenza come semplicemente elusive integrino ipotesi di vera e propria evasione”.
Sulla base dell’orientamento giurisprudenziale qui citato, la Guardia di Finanza indica nella circolare n. 1/2018, come prassi operativa, che nei casi di permanente incertezza, posto il non agevole inquadramento delle fattispecie nell’ambito dei contesti fraudolenti o elusivi, ogni considerazione sulla rilevanza penale o meno di una determinata condotta sottoposta a controllo deve essere rimessa alla valutazione dell’Autorità Giudiziaria competente.