Cassazione 2017: niente cumulo giuridico in caso di tardivi pagamenti

Con ordinanza n. 27068 la Corte di Cassazione è tornata sul punto del cumulo giuridico nell'ambito delle sanzioni tributarie.

Ricordiamo che per cumulo giuridico, secondo la disciplina dettata dall’art. 12 del D.lgs 18 dicembre 1997 n. 472, rubricato "Concorso di violazioni e violazioni continuate", si intende il meccanismo di diritto, in funzione del quale è irrogata un’unica sanzione a fronte di una pluralità di violazioni commesse da uno stesso contribuente. La sanzione in questione è quella che l’ordinamento precrive per la violazione più grave; sarà poi su questa violazione che dovranno essere operati gli incrementi di pena.

Il caso in esame ha visto, quali controparti processuali, l’Agenzia delle entrate e una società italiana che si opponeva alla prima per l’emissione di una cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo di sanzioni ed interessi, conseguenti a tardivi versamenti dell’IVA dovuta per l’anno di imposta 2002.

La fase dell’Appello ha visto la società contribuente, soccombere rispetto all’Agenzia delle entrate, poiché i giudici avevano ritenuto che la cartella in questione fosse stata opportunamente motivata.

A seguito della presentazione del ricorso da parte della società, la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27068 del 15 novembre 2017, ha rigettato la tesi della società riguardo alla scarsità della motivazione contenuta nella cartella di pagamento, dichiarando a riguardo che:

  • “…non è ravvisabile alcun errore nell’attività interpretativa della fattispecie normativa astratta, che integra il primo tipo di vizio, essendo al più prospettabile una carente attività valutativa della fattispecie concreta emergente dalle risultanze probatorie…”;

Ma la questione di maggior rilievo legata alla pronuncia della Corte di Cassazione, riguarda certamente la questione dell’applicazione della pena che l’ordinamento ha previsto in caso di omessi versamenti; fattispecie contestata alla società. A tal riguardo la Corte, sulla base anche degli orientamenti da essa già tracciati, ha stabilito che:

  • “…ogni ritardato incasso integra una violazione sostanziale verso il fisco e giammai una violazione solo formale trovando la sanzione dell’art. 13 del d.lgs. n.471 del 1997, fondamento nei principi generali del diritto delle obbligazioni e, in particolare, nella mora ex re riguardo alla scadenza del termine per la prestazione “nummaria” da eseguirsi al domicilio del creditore (Crf. art. 1219 cod. civ. e Cass. 5897/13 cit.)…”;
  • “…le violazioni tributarie che si esauriscono nel tardivo od omesso versamento dell’imposta risultante dalla dichiarazione fiscale non sono soggette all’istituto della continuazione disciplinato dall’art. 12, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, perché questo concerne le violazioni potenzialmente incidenti sulla determinazione dell’imponibile o sulla liquidazione del tributo, mentre il ritardo o l’omissione del pagamento è una violazione che attiene all’imposta già liquidata, per la quale l’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997 dispone un trattamento sanzionatorio proporzionale ed autonomo per ciascun mancato pagamento…”.

Con tali precisazioni, la Corte nel rigettare il ricorso presentato dalla società, ha quindi sostenuto che nel caso di specie, in cui (lo ricordiamo) alla società erano contestati numerosi ritardi nel versamento degli importi dovuti a titolo di IVA, non è possibile ravvisarsi la continuità del reato e la conseguente commisurazione della pena mediante il sistema del cumulo giuridico. Infatti, il ritardo dei pagamenti (o l’omissione) configura di per se una violazione che ha ad oggetto un’imposta, già in precedenza liquidata dal contribuente e per la quale è prevista nell’ordinamento un’apposita e chiara disciplina sanzionatoria.