Lavoro autonomo o subordinato nell’associazione in partecipazione

La Corte di Cassazione ha chiarito che tra associazione in partecipazione e retribuzione legata agli utili la discriminante è rappresentata dal rischio d’impresa.
Con l’Ordinanza n. 31007 del 27 novembre 2019,  è intervenuta sul caso di  una srl  che aveva impugnato  la cartella esattoriale  di euro 533.832,80 per omissioni contributive relative alla attività lavorativa di due collaboratrici addette alla vendita presso esercizi commerciali, con cui erano attivi contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro. 

Sia il tribunale che  la Corte di Appello  di Catanzaro avevano  condiviso l'assunto  del verbale di attività ispettiva congiunta di funzionari dell'INPS e di ispettori del lavoro di Catanzaro  che avevano invece classificato i rapporti come   attività lavorativa subordinata  pur se con retribuzione legata agli utili di impresa. 

La società  ha proposto ricorso per cassazione  che è stato respinto . La Suprema corte , che non ha evidenziato motivi di censura nelle procedure di valutazioni dei fatti , ha comunque ribadito che  la sentenza  "è conforme all'orientamento di questa Corte in ordine al contratto di associazione in partecipazione; si è così avuto modo di statuire (Cass. n. 1692 del 2015) che "la riconducibilità del rapporto di lavoro al contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato ovvero al contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili, esige un'indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre il primo implica l'obbligo del rendiconto periodico dell'associante e l'esistenza per l'associato di un rischio di impresa, il secondo comporta un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell'associante di impartire direttive e istruzioni al cointeressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare di colui che assume le scelte di fondo dell'organizzazione aziendale";

Inoltre viene citata la Cass. n. 1817 del 2013  che afferma :  "in tema di contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell'associato, l'elemento differenziale rispetto al contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili d'impresa risiede nel contesto regolamentare pattizio in cui si inserisce l'apporto della prestazione da parte dell'associato, dovendosi verificare l'autenticità del rapporto di associazione, che ha come elemento essenziale, connotante la causa, la partecipazione dell'associato al rischio di impresa e alla distribuzione non solo degli utili, ma anche delle perdite.

Pertanto, laddove è resa una prestazione lavorativa inserita stabilmente nel contesto dell'organizzazione aziendale, senza partecipazione al rischio d'impresa e senza ingerenza ovvero controllo dell'associato nella gestione dell'impresa stessa, si ricade nel rapporto di lavoro subordinato in ragione di un generale favor accordato dall'art. 35 Cost., che tutela il lavoro "in tutte le sue forme ed applicazioni" (successiva conf, Cass. n, 4219 del 2018); 

Non rileva, aggiunge infine la Cassazione ,  ai fini della distinzione della natura del rapporto, il metodo contrattuale di calcolo degli emolumenti.

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