Rinuncia TFM amministratore non socio 2017

L'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 124/E del 13 ottobre 2017 è intervenuta in materia di tassazione della rinuncia al trattamento di fine mandato (Tfm) da parte di quattro amministratori di una Srl, due soci e due “estranei”. L’Agenzia ha chiarito che per:

  • gli amministratori soci, la rinuncia non è tassabile ai sensi dell'art. 88, comma 4-bis, del Tuir (in vigore dal 2016) secondo cui non sono imponibili le rinunce a crediti dei soci nei limiti del costo fiscale dell’attivo rinunciato;
  • gli amministratori non soci la rinuncia è ordinariamente imponibile trattandosi del venir meno di oneri dedotti dal reddito di esercizi precedenti.

 

TFM 2017: trattamento di fine mandato

Il TFM costituisce l’indennità di fine mandato spettante agli amministratori per la cessazione del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.
In pratica, in maniera sostanzialmente analoga a quanto previsto per i lavoratori dipendenti, agli amministratori viene così garantita un’indennità da corrispondersi, appunto, alla cessazione del rapporto.
La vigente normativa, sia civilistica sia fiscale, non prevede parametri per la determinazione della misura della quota da accantonare, così come stabilito invece dall’articolo 2120, C.c., per il rapporto di lavoro dipendente.
Pertanto, non esistendo limitazioni all’ammontare, il quantum dipende dalle pattuizioni fra le parti.
Si ritiene, tuttavia, che esso debba essere fissato in modo congruo in relazione:

  • alla realtà economica dell’azienda;
  • al suo volume d’affari;
  • alla sua capacità reddituale;
  • all’attività prestata nell’impresa dall’amministratore.

Affinché tale indennità sia corrisposta agli amministratori alla fine del loro mandato, è necessario che la sua erogazione sia stabilita:

  • nell’atto costitutivo;
  • da una delibera assembleare.

L’indennità di fine mandato può essere corrisposta direttamente dalla società, oppure la società può ricorrere per la copertura del TFM a un’apposita polizza assicurativa.

Rinuncia al TFM 2017: l’amministratore rinuncia al trattamento di fine mandato

In caso di rinuncia al Tfm si possono presentare due situazioni differenti qualora la figura dell'amministratore per il quale è stato accantonato il Tfm sia o meno anche socio della società:

  • Ipotesi 1: l'amministratore non è anche socio della società.

Nel corso degli anni la società ha dedotto gli accantonamenti senza che vi sia stata alcuna conseguenza fiscale in capo all'amministratore. La tassazione di tale compenso di fine rapporto scatta in capo allo stesso solo nel momento dell'effettivo incasso. Con la rinuncia la società iscriverà una sopravvenienza attiva tassata e nessuna conseguenza fiscale sorgerà in capo all'amministratore. La tassazione della sopravvenienza riequilibra la situazione (si sono dedotti gli accantonamenti e ora si tassa la rinuncia) in capo alla società, restando del tutto neutra la posizione dell'amministratore (che non avendo mai posseduto tale reddito non deve assoggettarlo a tassazione);

  • Ipotesi 2: l'amministratore risulti essere anche socio della società. 

In tal caso pare lecito considerare che la rinuncia al compenso dia luogo fiscalmente a una sopravvenienza  attiva non tassata ai sensi dell'art. 88, 4° comma del Tuir). In tal caso si considera la rinuncia in grado di generare una sopravvenienza attiva che sorgendo da una rinuncia a un credito da parte di un socio è irrilevante fiscalmente (indipendentemente dalla imputazione a conto economico al patrimonio netto)

TFM: risoluzione Agenzia Entrate 124/E del 13 ottobre 2017 sul TFM

Su tale questione è intervenuta recentemente l’Agenzia delle Entrate con la Risoluzione n. 124/E del 13 ottobre 2017. L’Agenzia delle entrate, ricorda in via generale che il comma 4-bis dell’articolo 88 del Tuir, inserito dal decreto internazionalizzazione, prevede che: “la rinuncia dei soci ai crediti si considera sopravvenienza attiva per la parte che eccede il relativo valore fiscale. A tal fine, il socio, con dichiarazione sostitutiva di atto notorio, comunica alla partecipata tale valore; in assenza di tale comunicazione, il valore fiscale del credito è assunto pari a zero”. Secondo tale disposizione legislativa:

  • in assenza di tale comunicazione, quindi, il debitore è tenuto ad assoggettare a tassazione tutta la sopravvenienza attiva;
  • l’eccedenza, invece, costituisce per il debitore partecipato una sopravvenienza imponibile, a prescindere dal relativo trattamento contabile, con la conseguenza che si può generare un fenomeno di tassazione da gestire con una variazione in aumento in sede di dichiarazione dei redditi.

L’irrilevanza fiscale della rinuncia e della relativa sopravvenienza attiva, rileva la risoluzione, è dovuta alla volontà del socio di incrementare il patrimonio della società partecipata. Con riferimento al la risoluzione in esame, l’Agenzia chiarisce che, nel caso di rinuncia al trattamento di fine mandato operata da amministratori soci:

  • la società non dovrà tassare alcuna sopravvenienza attiva (articolo 88, comma 4-bis del Tuir), non essendo ravvisabile alcuna differenza tra il valore fiscale dei crediti rinunciati e il loro valore nominale;
  • non è richiesta la comunicazione alla società partecipata del valore fiscale dei crediti oggetto di rinuncia, non potendo verificarsi, in assenza di un’attività di impresa, quelle distorsioni che il legislatore ha inteso scongiurare attraverso l’introduzione del citato comma 4-bis.

Se la rinuncia al Tfm riguarda amministratori esterni alla società, invece, mancando la qualifica di socio, troverà applicazione l’articolo 88, comma 1,del Tuir, con la conseguenza che la società dovrà tassare una sopravvenienza attiva nei limiti delle quote di trattamento di fine mandato accantonate e dedotte.