Transfer Pricing 2018

La disciplina del transfer pricing è oggetto di crescente interesse tra i consulenti e i responsabili amministrativi delle aziende. Ciò discende anche dall’attenzione che l’Amministrazione finanziaria ha sempre più frequentemente riservato a queste tematiche.
Nel corso degli anni ci si è resi conto che gli accertamenti sui prezzi infragruppo non sono una prerogativa dei grossi gruppi internazionali, ma anche delle c.d. piccole multinazionali tascabili. In questo estratto approfondiremo l’evoluzione della normativa.

Transfer Pricing 2018: cosa prevede la norma

L’art. 110 co. 7 del Tuir prevede che “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati  pattuiti  tra  soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e alle condizioni di cui all'articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l'applicazione del presente comma”.

Il comma in commento, in sostanza, disciplina la normativa nazionale in materia di transfer pricing nei rapporti infragruppo tra soggetti italiani ed esteri ed è stato oggetto di modifica da parte dell’art. 59, comma 2, D.L. 24 aprile 2017, n. 50, conv. con mod. dalla L. 21 giugno 2017, n. 96, con l’introduzione di alcune novità al regime del transfer pricing.

Transfer Pricing prima della riforma

Il previgente co. 7 art. 110 prevedeva che i componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllavano l'impresa, ne erano controllate o erano controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, dovevano essere valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti.

Il valore normale andava determinato a norma del comma 2 del medesimo articolo, che rimandava di fatto alla definizione di valore normale contenuto nell’art. 9 del Tuir, secondo il quale rappresenta tuttora “il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi”.

Il previgente comma 7 dell’art. 110 prevedeva, in sostanza, che in sede di determinazione di prezzi infragruppo, laddove fossero necessari aggiustamenti di prezzo, il contribuente doveva operare in modo diverso a seconda dei casi:

  •  Automaticamente mediante l’applicazione del valore normale se dall’aggiustamento derivava un aumento del reddito;
  •  Diversamente, se ne derivava una diminuzione del reddito, il valore normale trovava comunque applicazione ma soltanto in esecuzione degli accordi conclusi con le autorità competenti degli Stati esteri a seguito delle speciali «procedure amichevoli» previste dalle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi.

Ciò che emergeva già dal dato normativo, era un significativo riferimento al prezzo della transazione, quasi da far intendere che il metodo da applicare alla determinazione dei prezzi infragruppo era quello del confronto del prezzo (CUP).

Il comma 3 dell’art. 9 prevede tutt’ora, infatti, che “Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d'uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore”.

Transfer Pricing 2018: le nuove regole

La nuova versione del co. 7 dell’art. 110 così come modificata dal D.L. 50/2017 si pone maggiormente coerente con le linee guida in materia di transfer price elaborate dall’OCSE.

Il riferimento al valore normale, e quindi al prezzo, è sostituito dal principio elaborato dall’OCSE e contenuto anche nell’articolo 9 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni.

Taluna Dottrina ha però osservato che il rinvio implicito operato dal nuovo articolo 110 alle direttive Ocse, eventualmente con il filtro del decreto ministeriale ivi contemplato, potrebbe suscitare qualche perplessità sotto il profilo della “riserva di legge” di cui all'articolo 23 della Costituzione giacché in questo modo la determinazione dell'imponibile, quanto ai soggetti cui si applica la norma in questione, viene interamente delegata ad un organismo internazionale e, di fatto, all'amministrazione finanziaria (i cui rappresentanti fanno parte del Comitato affari fiscali dell'Ocse), senza reali limitazioni provenienti dalla norma primaria. Si erode così ulteriormente il perimetro di operatività della “riserva di legge” sulla scorta di un processo che sembra irreversibile e che vede la determinazione del reddito d'impresa tra le aree più colpite.

La novella trova evidenza anche in alcuni passaggi di processi verbali di constatazione.
Capita, infatti, di trovare interventi di questo tenore: “in materia, è intervenuta una recente novella legislativa che ha modificato i contenuti dell’art. 110 co. 7, cit. , ovvero il D.L. 50/2017 (art. 59) entrato in vigore a far data dal 24/4/2017, con valenza tuttavia irretroattiva in quanto norma di portata sostanziale”.

Volendo riassumere, in sintesi, l’evoluzione interpretativa in seno alla previgente normativa, l’Amministrazione finanziaria, già con la circolare ministeriale 22 settembre 1980, n. 32 (di seguito, “C.M. n. 32/1980”), emanata con l’obiettivo di uniformare la disciplina nazionale agli orientamenti promossi dagli organismi internazionali, opportunamente affermava che, in sede di esame e aggiustamento dei prezzi di trasferimento, il concetto di valore normale, così come definito dalle disposizioni domestiche, dovesse recepire il principio del prezzo di libera concorrenza raccomandato dall’OCSE.

Nella stessa C.M. n. 32/1980, l’Amministrazione finanziaria introduceva, mutuando l’impostazione recata dal rapporto OCSE del 1979, una precisa gerarchia tra i criteri per la determinazione dei prezzi di trasferimento, affermando che il valore normale dovesse essere individuato sulla base del criterio del confronto del prezzo, mentre l’utilizzo di criteri alternativi – come quello del prezzo di rivendita – era previsto solo in assenza delle condizioni per effettuare l’analisi di comparabilità fondata sul confronto del prezzo .
Inoltre, nell’ambito del criterio del confronto del prezzo, la Circolare precisava che era necessario attribuire rilevanza, in prima istanza, al criterio del “confronto interno” e, in via sussidiaria, a quello del “confronto esterno” .
Questi passaggi possono essere utilizzati per enfatizzare che, in ossequio alla normativa in vigore, sono privilegiati i metodi tradizionali ed in primis il metodo del confronto del prezzo.
Proseguendo nella lettura del comma 7 art. 110, passiamo ad esaminare la questione dell’aggiustamento dei prezzi.
La norma, in sede di aggiustamento dei prezzi infragruppo, trova ora la medesima applicazione:

  •  Così come accadeva ante D.L. 50/2017, se dall’aggiustamento deriva un aumento del reddito, si applica il prezzo determinabile in condizioni di libera concorrenza e circostanze comparabili;
  •  se dall’aggiustamento deriva una diminuzione del reddito, si applica la medesima disposizione, secondo le nuove modalità e le condizioni previste dal nuovo art. 31-quater del DPR 600/73, cui abbiamo dedicato un apposito paragrafo in seguito.

Infine, segnaliamo che il comma 7 dell’art. 110 prevede che con apposito decreto del MEF possono essere determinate, sulla base delle migliori pratiche internazionali, le linee guida per l’applicazione dello stesso comma 7. In data 21 febbraio 2018 è stato pubblicato nel sito del Ministero dell’Economie e delle Finanzia una bozza di decreto in consultazione. La versione definitiva è uscita il 14 maggio 2018.