Sanzioni per omesse ritenute: la Consulta conferma la misura in vigore
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 103 del 2025, ha affrontato una questione sollevata dal Tribunale di Brescia riguardante la legittimità dell’art. 2, comma 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 (convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638), come modificato dall’art. 23, comma 1, del decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 (convertito nella legge 3 luglio 2023, n. 85). La norma prevede che, in caso di omesso versamento da parte del datore di lavoro delle ritenute previdenziali e assistenziali per un importo non superiore a 10.000 euro annui, si applichi una sanzione amministrativa da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso.
La sentenza riconferma la legittimità della cornice sanzionatoria prevista per gli omessi versamenti contributivi inferiori alla soglia penale, ribadendo il principio secondo cui la discrezionalità legislativa è limitata solo da evidenti profili di irragionevolezza, qui ritenuti insussistenti. Ecco tutti i dettagli.
Il caso: sanzioni INPS per omessi versamenti sotto i 10.000 euro
La questione era stata sollevata nell’ambito di due giudizi promossi da soggetti sanzionati dall’INPS per omessi versamenti riferiti agli anni 2013-2015.
I ricorrenti contestavano la sproporzione della sanzione minima e l’impossibilità di graduarla in base alle condizioni soggettive, soprattutto nei casi in cui l’inadempimento del datore di lavoro fosse dovuto a gravi difficoltà finanziarie.
Si ricorda anche che già nel 2023 la Consulta era stata chiamata a valutare la legittimità delle sanzioni amministrative nella misura prevista prima delle modifiche apportate dall’art. 23 comma 1 del DL 48/2023, . in quel caso gli atti erano stati rimessi al giudice per una rivalutazione in attesa dell'entrata in vigore delle novità.
Il giudizio della Corte: discrezionalità del legislatore e proporzionalità
Nel valutare la questione, la Consulta ha ricordato che il legislatore gode di ampia discrezionalità nella definizione delle sanzioni, purché rispetti il principio di proporzionalità. Inoltre secondo la Corte, l’omesso versamento di ritenute di competenza dei lavoratori è un comportamento particolarmente grave, poiché comporta la distrazione di somme destinate alla copertura previdenziale, incidendo su diritti fondamentali costituzionalmente tutelati (artt. 1, 4, 35, 38 Cost.).
La Corte ha ritenuto che la previsione sanzionatoria – anche nel suo minimo – sia coerente co la finalità deterrente della norma, volta a contrastare efficacemente l’evasione contributiva. Ha inoltre sottolineato che eventuali situazioni soggettive che impediscano l’adempimento (come lo stato di necessità o l’assenza di dolo) non incidono sulla misura della sanzione ma, semmai, sulla sussistenza o meno della responsabilità, secondo quanto previsto dall’art. 3 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Il confronto con il reato penale e le conclusioni della Consulta
Un altro aspetto critico sollevato dal giudice a quo riguardava l’apparente paradosso per cui la sanzione amministrativa per omessi versamenti sotto soglia, in certi casi, può risultare economicamente più gravosa rispetto al quella prevista per l’omesso versamento superiore alla soglia di 10.000 euro, che costituisce reato.
Tuttavia, la Corte ha respinto anche questa osservazione, precisando che la responsabilità penale comporta una serie di conseguenze ulteriori (processo penale, possibili pene accessorie, limitazioni reputazionali e contrattuali) che non si esauriscono nella pena pecuniaria e che rendono improprio un mero confronto aritmetico.
Pertanto, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale.
Rispondendo anche alle obiezioni della Presidenza del Consiglio ha anche sottolineato che nessun vuoto normativo sarebbe comunque derivato da un eventuale accoglimento, poiché la disciplina generale delle sanzioni amministrative prevede un minimo edittale residuale (art. 10, legge n. 689/1981).
Ma, nel merito, la previsione di una sanzione minima elevata si giustifica per l’importanza del bene giuridico tutelato e la gravità dell’illecito.