Il riclassamento catastale dell’immobile va motivato

E’ illegittimo il riclassamento catastale che non indica gli elementi necessari per giustificare le ragioni della variazione. A ricordarlo la Suprema Corte che, con la sentenza n. 3156 del 17 febbraio 2015, in linea con un orientamento ormai consolidato, ha sentenziato che l’atto con cui l’Agenzia del Territorio (ora accorpata in quella delle Entrate) attribuisce d’ufficio un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria deve chiaramente specificare a cosa sia dovuto il mutamento, diversamente l’atto è nullo. A giudizio della Corte, la motivazione dell’atto di revisione del classamento catastale non può limitarsi a contenere l’indicazione della consistenza, della categoria e della classe attribuita dall’Agenzia del Territorio ma deve specificare, a pena di nullità, sia le ragioni giuridiche sia i presupposti di fatto della modifica.

Riclassamento catastale e obbligo di motivazione delle pretese tributarie

IL CASO
 
La controversia nasce dall’impugnazione di un avviso emesso dell’Agenzia del Territorio, relativo al riclassamento di talune unità immobiliari di proprietà di un contribuente e ubicate nella città di Ferrara. In particolare, dalla motivazione dell’avviso emergeva che la nuova rendita era conseguente al miglioramento del contesto urbano in cui sorgeva l’immobile.
Adita la competente C.T.P., il contribuente aveva la meglio sul Fisco; stesso verdetto in appello. Segnatamente, la C.T.R. di Bologna rigettava l’appello proposto dal Comune e dall’Agenzia del Territorio e confermava l’illegittimità dell’atto in quanto privo di "concreta specificazione degli elementi fattuali" che avrebbero concorso al nuovo contesto urbano, nonchè al "mancato accertamento dei corrispondenti differenti valori"; la C.T.R. rilevava, inoltre, che la motivazione faceva riferimento ad entrambe le ipotesi previste nei distinti commi 335 e 336, creando nel destinatario "confusione ed incertezza circa l’effettiva ragione del riclassamento".
A tal proposito giova ricordare che se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi del comma 335 della Legge n. 311 del 2004, articolo 1, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento; se, invece, la variazione è stata effettuata ai sensi della Legge n. 311 del 2004, articolo 1, comma 336, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni.
Tutti elementi questi che, a parere dei giudici, non emergevano dalla motivazione dell’atto; l’Agenzia del Territorio ricorreva così per Cassazione deducendo che la riqualificazione urbanistica richiamata nell’avviso costituisce un fatto notorio, come tale idoneo a giustificare il riclassamento contestato.
 
 
IL COMMENTO
 
1. L’ATTO DI FORMALIZZAZIONE DELLA PRETESA TRIBUTARIA E OBBLIGO DI MOTIVAZIONE: RIFERIMENTI NORMATIVI
Gli atti amministrativi sono generalmente definiti come la manifestazione di volontà avente rilevanza esterna, proveniente da una Pubblica Amministrazione nell’esercizio di un’attività amministrativa, indirizzata a soggetti determinati o determinabili, in grado di apportare una modificazione unilaterale nella sfera giuridica degli stessi destinatari.
Nell’ambito tributario, l’atto con il quale si formalizza l’attività amministrativa di controllo sostanziale che l’Agenzia delle Entrate esegue al fine di contrastare l’evasione fiscale è rappresentato dall’accertamento, che sintetizza il risultato dell’istruttoria compiuta e della metodologia utilizzata.
In particolare, si utilizza l’espressione di “procedimento d’accertamento” per indicare quella sequenza che ha inizio con alcuni adempimenti imposti dalla legge (tra i quali sicuramente un ruolo primario è attribuito alla dichiarazione delle imposte), che prosegue con il loro controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate e si conclude, nell’ipotesi più frequente, con l’emanazione di un atto di accertamento, che ha la forza di incidere in via unilaterale sulle situazioni giuridiche soggettive dei contribuenti.
Le norme procedurali che regolano tale attività sono attualmente caratterizzate da elementi comuni a tutte le imposte, derivanti dall’entrata in vigore di due importanti provvedimenti legislativi che hanno radicalmente mutato il modo di intendere i rapporti tra il cittadino/contribuente e la pubblica amministrazione:
– L. 7 agosto 1990, n. 241, recante “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”;
– L. 27 luglio 2000, n. 212, recante “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”.
In particolare, l’art. 7 della L. 27/7/2000, n. 212, dispone che tutti gli atti che promanano dall’Amministrazione finanziaria devono essere motivati secondo quanto prescritto dall’art. 3 della L. 7/8/1990, n. 241, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione; inoltre, se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama. (….)
 

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