Servizi di ricerca investimenti: IVA al 22%

In data 8 agosto 2018 l’Agenzia ha risposto ad una richiesta di consulenza sul tema dell’esenzione iva dei servizi di ricerca in materia di investimenti resi dai negoziatori agli intermediari che svolgono il servizio di gestione individuale e collettiva di portafogli.

Per capire la portata della Risoluzione n°61/E con cui l’Agenzia si è espressa, è bene chiarire prima la differenza tra gestori individuali e gestori collettivi di portafogli. Nel caso di gestori individuali il patrimonio resta di proprietà del cliente, in nome e per conto del quale l’intermediario opera, mentre nel caso di gestori collettivi il patrimonio di ogni singolo cliente confluisce in un patrimonio “autonomo”, distinto e separato sia da quello della società sia da quello personale del singolo cliente. In quest’ultimo caso la gestione è devoluta ad un ente terzo e l’unico diritto che rimane in capo al cliente circa la gestione del patrimonio è quello di esercitare il diritto alla liquidazione della propria quota.

Per quanto riguarda invece la definizione di “ricerca in materia di investimenti” è necessario fare riferimento alla Direttiva MIFID II secondo la quale “si intendono ricerche o altre informazioni che raccomandino o suggeriscano, esplicitamente o implicitamente, una strategia di investimento, riguardante uno o diversi strumenti finanziari o gli emittenti di strumenti finanziari, compresi i pareri sul valore o il prezzo attuale o futuro di tali strumenti, che sono destinate a canali di distribuzione o al pubblico”.

A decorrere dal 3 gennaio 2018 la Direttiva sopra menzionata ha introdotto delle importanti novità circa le condizioni di ricevibilità dei servizi di ricerca in esame; nel caso di gestore individuale infatti, secondo l’art. 13 della Direttiva 2017/593/UE, è necessario che il servizio venga remunerato:

  • direttamente dal gestore mediante risorse proprie,
  • imputando il costo del servizio ad un conto di pagamento aperto ad hoc e finanziato da uno specifico onere per la ricerca a carico del cliente, purché il gestore individuale stabilisca e valuti regolarmente un bilancio per la ricerca, sia responsabile della tenuta del conto di pagamento e valuti regolarmente la qualità della ricerca acquistata.

Il costo della ricerca non può essere collegato in alcun modo al volume dell’investimento e inoltre, gli intermediari che lo forniscono devono indicare separatamente la remunerazione per il servizio di ricerca e il costo di esecuzione degli ordini. È questo il punto su cui nascono i dubbi interpretativi circa l’applicabilità o meno dell’esenzione IVA. L’ obbligo di distinta identificazione dell’onere per la ricerca comporta una rilevante modifica rispetto al previgente quadro normativo in cui la ricerca ricevuta dal negoziatore era, in linea generale, remunerata implicitamente tramite la commissione di negoziazione e esentata dall’ assoggettamento ad Iva.

L’Associazione istante la richiesta di consulenza chiede di conoscere se il servizio di ricerca in materia di investimenti reso ai gestori individuali di portafogli, il cui onere è posto a carico dei clienti a prescindere dal volume e/o dal valore degli ordini eseguiti, possa continuare a beneficiare del regime di esenzione.
Secondo l’Amministrazione finanziaria il servizio di ricerca fornito agli intermediari che si occupano della gestione individuale di portafogli, non è riconducibile ad alcuna delle fattispecie di esenzione di cui all’art. 10, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972 e, in particolare, non può essere inquadrato tra le casistiche previste dai numeri 4) e 9). Le ricerche potrebbero essere ricondotte alle fattispecie previste dal numero 4) del comma 1 dell’art.10 Dpr 633/1972 nel caso in cui fossero finalizzate alla conclusione di operazioni di carattere finanziario.

Per quanto riguarda invece le prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione disciplinate dal numero 9) dello stesso articolo 10 comma 1, la Corte di Giustizia Europea ha precisato che “non sono riconducibili ad un’attività di intermediazione i servizi che si limitano a fornire informazioni su un prodotto finanziario e, eventualmente, a ricevere e ad evadere le richieste di sottoscrizione dei titoli corrispondenti, senza emetterli” (cfr. sentenza 13 dicembre 2001, causa C-235/00, punto 41).
In sostanza, pur rappresentando un elemento importante per l’attività dell’intermediario, la ricerca in materia di investimenti fornita dai negoziatori agli intermediari, non è finalizzata alla mera conclusione dell’investimento e non è riconducibile in senso stretto all’attività di intermediazione quindi, non può essere ricondotta all’interno delle ipotesi tassative di esenzione e deve essere assoggettata ad aliquota Iva ordinaria del 22 per cento.

Per quanto riguarda invece il medesimo servizio di ricerca fornito a gestori collettivi di portafogli di investimento, si ritiene che nonostante l’identificazione separata del servizio, si possa continuare ad usufruire dell’esenzione purché la ricerca sia inquadrabile nell’ambito della gestione di fondi comuni di investimento. La Corte di Giustizia ha precisato che non è preclusa la possibilità di fruire del regime di esenzione da IVA anche nel caso in cui la gestione di fondi comuni di investimento sia frazionata in servizi distinti forniti da un soggetto esterno al fondo, vale a dire in outsourcing. Tuttavia, per essere esenti, tali servizi devono formare un “insieme distinto, che valutato globalmente abbia l’effetto di adempiere le funzioni specifiche ed essenziali del servizio” per il quale è prevista l’esenzione, vale a dire, della gestione del fondo (cfr. sentenza 4 maggio 2006, causa C-169/04, punto 70). In conclusione quindi, il servizio di ricerca in materia di investimenti fornito dal negoziatore ai gestori collettivi può essere considerato uno dei servizi (esternalizzati) di cui si compone la gestione di fondi esenti da IVA, ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 1), del d.P.R. n. 633 del 1972, purché detto servizio presenti le caratteristiche indicate dai Giudici Comunitari.