Premi dei concorsi di progettazione: il regime fiscale per professionisti senza p IVA
Con la risposta n. 266 del 2025, l’Agenzia delle Entrate è tornata a occuparsi del trattamento fiscale dei premi erogati nell’ambito dei concorsi di progettazione in due gradi, disciplinati dagli articoli 152 e seguenti del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).
Il caso trae origine da un concorso bandito da un Ministero per la realizzazione di nuove scuole finanziate nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ai sensi dell’articolo 24 del D.L. 6 novembre 2021, n. 152, convertito in legge 29 dicembre 2021, n. 233.
L’Amministrazione finanziaria aveva già fornito un precedente chiarimento (risposta n. 177/2024), secondo cui i premi riconosciuti ai vincitori e ai partecipanti configurano corrispettivi per prestazioni professionali soggette a IVA e ritenuta d’acconto, trattandosi di compensi di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53 del TUIR (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917).
Nella nuova istanza l’attenzione si è concentrata su un caso particolarmente complesso : la corresponsione di un premio a un architetto iscritto all’albo ma privo di partita IVA, stabilmente occupato all’estero come lavoratore dipendente e non abitualmente esercente la libera professione.
Il caso e la soluzione prospettata
Il ministero istante doveva liquidare un architetto non vincitore del primo posto ma comunque destinatario di un riconoscimento economico previsto dal bando.
Il professionista, pur iscritto all’Albo degli Architetti dal 2018, risultava domiciliato all’estero e svolgeva attività di lavoro dipendente. Egli dichiarava di non esercitare abitualmente attività professionale autonoma e di non aver beneficiato della franchigia contributiva prevista dall’articolo 44 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
Il dubbio riguardava, quindi, la corretta qualificazione fiscale del premio, ossia:
- se potesse essere trattato come reddito derivante da prestazione occasionale, con applicazione della ritenuta d’acconto del 20%, oppure
- se dovesse invece considerarsi reddito di lavoro autonomo ex articolo 53 del TUIR, con obbligo di fatturazione e applicazione dell’IVA in regime ordinario.
L’Amministrazione ha inoltre chiesto chiarimenti sul versamento dell’eventuale contributo alla cassa professionale e sull’applicabilità del meccanismo di split payment in caso di fattura estera, in quanto la prestazione era riferita a un’opera da realizzare in Italia.
Secondo l’interpretazione prospettata, la prestazione resa dal professionista, pur legata all’attività propria della categoria, non avrebbe i caratteri di abitualità, sistematicità e ripetitività, e quindi il compenso avrebbe potuto essere trattato come reddito da lavoro autonomo occasionale, ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR.
La risposta: Attività occasionale del non residente soggetta a ritenuta
L’Agenzia ha anzitutto richiamato il principio secondo cui, quando l’attività esercitata richiede l’iscrizione a un albo professionale, i redditi derivanti da tale attività, anche se derivanti da una sola prestazione, non possono essere considerati redditi occasionali. L’iscrizione all’albo rappresenta, infatti, una presunzione di abitualità, in quanto costituisce il titolo che consente al professionista di svolgere in modo regolare e continuativo l’attività intellettuale (richiamate la Risoluzione n. 88/E del 2015 e la giurisprudenza della Cassazione n. 2297/1987).
Nel caso in esame, tuttavia, l’Agenzia ha ritenuto che non sussistesse il carattere dell’abitualità, atteso che il soggetto non esercitava la professione in modo continuativo e non era titolare di partita IVA.
Pertanto, la prestazione doveva essere qualificata come occasionale e, conseguentemente, esclusa dal campo di applicazione dell’IVA per mancanza del presupposto soggettivo.
In tale situazione, il professionista non deve emettere fattura, ma l’Amministrazione committente, in qualità di sostituto d’imposta, deve operare la ritenuta a titolo d’imposta del 30% sul compenso, in quanto corrisposto a soggetto non residente (articolo 25, comma 2, del D.P.R. 600/1973).
L’Agenzia ha inoltre precisato che, se il compenso fosse riferito a un periodo in cui il professionista risultava residente in Italia, il reddito sarebbe comunque imponibile nel territorio nazionale, indipendentemente dall’applicabilità di eventuali Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Non sono invece di competenza dell’Agenzia le valutazioni circa l’obbligo contributivo verso la Cassa professionale.
In conclusione, la risposta n. 266/2025 conferma che, in assenza di abitualità nell’esercizio della professione, i premi corrisposti a soggetti iscritti all’albo ma non titolari di partita IVA costituiscono redditi da lavoro autonomo non abituale, soggetti a ritenuta del 30% se percepiti da non residenti, e non rientrano nel campo IVA.

